L’Italia è un’eccellenza mondiale, gli Usa sono ancora indietro. Ne parla Vincenzo Sarnicola, uno dei chirurghi più esperti al mondo di questa innovativa tecnica
Il trapianto di cornea può salvare la vista. È la risposta degli esperti all’aumento delle infezioni corneali, un problema dovuto ai funghi che può creare gravi danni agli occhi e colpisce oltre 3mila casi l’anno. Ogni giorno, dieci persone scoprono di avere un’infezione da funghi o da Acanthamoeba, patogeni responsabili di cheratiti. Non solo. L’80% di queste infezioni, sono 800 ogni anno, derivano dall’Acanthamoeba, un patogeno presente nell’acqua e che trova nelle lenti a contatto, soprattutto se morbide, terreno ideale per la sua proliferazione.
“Il trapianto parziale di cornea, purché precoce, è oggi la vera soluzione alle infezioni gravi ovviamente non rispondenti alla terapia medica”, spiega Vincenzo Sarnicola, uno dei chirurghi più esperti al mondo di questa innovativa tecnica, noto alle cronache internazionali per aver ricostruito lo scorso anno un occhio vedente da due occhi non vedenti.
Un paziente su due non risponde alle cure
Il 50% dei casi di infezione alle cornee non risponde alle terapie mediche e, quando i medici li dirottano sul trapianto, a volte è troppo tardi: fallisce in oltre la metà degli interventi. “In Italia – entra nel dettaglio Sarnicola, presidente della Società Internazionale Cornea, Cellule Staminali e Superficie Oculare (Sicsso) – si stima che si verifichino circa 3mila casi all’anno di cheratiti per infezioni da funghi o da Acanthamoeba. Purtroppo le terapie mediche non sempre riescono a eradicare le infezioni. I microorganismi hanno così il tempo di penetrare nella cornea e danneggiarla, al punto di richiedere un trapianto che, se a tutto spessore, fallisce in oltre la metà dei casi, mentre nel 25% i risultati sono anatomici ma non funzionali e nel 5% portano alla enucleazione dell’occhio”.
DALK: la nuova frontiera dei trapianti
La speranza di guarire dall’infezione e non compromettere la vista arriva dal trapianto di cornea lamellare anteriore, o Dalk, in cui non viene sostituita tutta la cornea, ma solo lo strato intermedio. In questo modo, le parti della cornea non danneggiate vengono salvate e il rischio di rigetto è quasi del tutto superato.
I risultati di questa tecnica, di cui l’Italia è un’eccellenza mondiale, garantiscono un successo nel 99% dei pazienti, se l’intervento viene eseguito precocemente nei casi in cui l’infezione di grado più severo è resistente ai farmaci. “Questo intervento – spiega Sarnicola – consiste nella sostituzione del solo foglietto intermedio della cornea (stroma) al posto di tutta la cornea e consente di sostituire soltanto la porzione malata lasciando intatto tutto il resto. Il trapianto risulta quindi molto meno invasivo con grandi vantaggi per il paziente. Se eseguito precocemente riesce poi quasi sempre a eradicare l’infezione garantendo una sopravvivenza dei tessuti trapiantati del 99%, con pochi casi di rigetto e facilmente trattabili”.
Italia in prima linea
“Resta la difficoltà di apprendere una metodica decisamente complessa – sottolinea Eduard Holland dell’Università di Cincinnati – che richiede grande perizia tecnica perché i migliori risultati si ottengono ancora separando manualmente i vari strati della cornea. L’Italia vanta i chirurghi più esperti al mondo in questa tecnica mininvasiva che vede gli Stati Uniti ancora in ritardo, con solo 1.000 interventi Dalk eseguiti all’anno, a fronte di 39.000 patologie dello stroma corneale in cui sarebbe invece indicata”.
“Oggi nel nostro Paese – conclude Sarnicola – dei circa 7mila trapianti di cornea eseguiti ogni anno, oltre il 40% sono mininvasivi. Si tratta di trapianti parziali, realizzati cioè con tecniche selettive o lamellari. I risultati italiani costituiscono dunque un’eccellenza mondiale della quale andare fieri per lo sviluppo e la diffusione di tecniche chirurgiche sempre più innovative”.